MILANO, 21 giugno 2023 — Il mercato del lavoro italiano - storicamente stabile ed inelastico - si è trovato coinvolto nella fase di profonda trasformazione registrata a livello globale (accelerata dalla pandemia), registrando un incremento della mobilità e della competizione interna. Una forte espansione delle dimissioni, cresciute di circa il 30% tra il 2019 e il 2022, riflette la contrazione della tenure media in azienda. In questo contesto, la lotta delle aziende per accaparrarsi i talenti migliori si sta intensificando su tutti i fronti e le iniziative di retention assumono un’importanza significativa per ridurre l’attrition e contenerne i relativi costi.
In quest’ottica, una strategia di Diversity, Equity & Inlcusion distintiva e concreta, rappresenta un vantaggio competitivo fondamentale per le aziende attive in tutti i settori merceologici. Ad oggi, ben 4 aziende su 5 considerano questi temi come un aspetto chiave della propria strategia di business, alla luce di una crescente attenzione e interesse da parte delle risorse nei confronti di questi aspetti. Per questo motivo, Bain & Company Italia ha realizzato la ricerca “Inclusivity at Work”, studio guidato dall’affinity group BGLAD, sull’inclusione e le politiche a favore della comunità LGBTQ+ nelle realtà corporate del Paese, presentato nel corso di un webinar a cui hanno partecipato: Paolo Armelli (scrittore e giornalista, co-fondatore di QUiD Media); Vincenzo Miri (Avvocato e presidente Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+); Antonia Monopoli (Donna e attivista transgender, responsabile all’interno dello Sportello Trans di ALA Milano); Andrea Scotti Calderini (Co-founder & Ceo Freeda Media); Igor Suran (Executive director di “Parks - Liberi e Uguali”); Lucia Urciuoli (Presidente associazione EDGE) e Antonio Zagaroli (Managing Director Knight Frank Italia Commercial).
“Guardando specificatamente ai talenti LGBTQ+, le aziende del Paese hanno iniziato un percorso verso la piena inclusività. Tuttavia, dal mercato emergono segnali di un cammino ancora lungo. Basti pensare che solamente 4 aziende italiane su 10 hanno istituito una funzione formale dedicata al tema Diversity, Equity & Inclusion, con un gap significativo fra i diversi settori: i servizi professionali, ad esempio, risultano più avanti nel percorso verso la completa inclusione, con una penetrazione di 6 aziende su 10, contro il settore edilizio dove questa area esiste solamente in 2 realtà su 10. Alla luce di queste evidenze, dunque, emerge una chiara necessità di ingaggiare i talenti LGBTQ+ a 360°, attraverso proposte e iniziative corporate disegnate su bisogni specifici. Leve tradizionali, come la retribuzione e carriera, rimangono importanti per attrarre e trattenere i talenti LGBTQ+, ma non più sufficienti. Le giovani generazioni considerano infatti fondamentale un ambiente inclusivo in cui sentirsi a proprio agio e chiedono alle aziende di dare una risposta concreta a queste necessità. In questo scenario, benefit e servizi a supporto degli individui LGBTQ+ assumono un ruolo differenziante per l’offerta delle aziende nel mercato”, spiega Emanuele Veratti, Partner di Bain & Company e founder di BGLAD in Italia.
Tra i desiderata più comuni fra gli intervistati - nella scelta di un’azienda in cui intraprendere il proprio percorso professionale – senza dubbio, infatti, le leve tradizionali (retribuzione, carriera e work-life balance) rimangono fattori decisionali importanti, sul podio per tutti gli individui. Tuttavia, dall’indagine di Bain & Company Italia emerge come la comunità LGBTQ+ chieda una cultura inclusiva, il 30% degli intervistati chiede azioni distintive e concrete (es. formazione sul territorio o il supporto concreto aziendale (benefit) per la transizione).
Inoltre, lo studio realizzato da Bain & Company Italia evidenzia una persistente difficoltà nel fare coming out sul luogo di lavoro: meno di 1 persona su 2 afferma di essere totalmente out. Nel nostro Paese si stima una popolazione LGBTQ+ pari al 10% del totale: eppure, guardando alle realtà aziendali, questa rappresentanza cala drasticamente. Infatti, 3 persone su 10 pensano che essere out o open possa influenzare negativamente la qualità delle relazioni sul luogo di lavoro e le proprie prospettive di carriera. Questo fenomeno è alimentato ulteriormente da un’assenza di role model e una percezione di sostanziale conformismo nei vertici aziendali, dove gli stereotipi tradizionali di leadership sembrano rimanere vivi. Tutti gli intervistati sottolineano come occorra veicolare un messaggio solido di responsabilità all’interno dell’azienda e favorire la percezione di un ambiente privo di rischio, tramite figure di supporto e tutoring e una comunicazione forte. Le persone con più di 5 anni di esperienza lavorativa risultano leggermente più propense a sentire un beneficio.
Quali sono quindi le iniziative necessarie, per una realtà aziendale che intenda creare un ambiente davvero inclusivo? Oltre una persona su 2 (60% circa degli intervistati) ritiene le policy di non discriminazione il punto di partenza, ma elementi non sufficienti se isolati. Risulta infatti fondamentale sviluppare una cultura inclusiva, concreta e tangibile, intorno alla comunità LGBTQ+ attraverso attività di sensibilizzazione e un ventaglio di iniziative dedicate a questi individui e permeanti tutte le strutture aziendali: le discriminazioni verso i lavoratori LGBTQ+ rimangono fortemente diffuse, con il 30% vittima o testimone diretto di un episodio. Il valore cresce al 40% per le persone LGBTQ+, segno della mancanza di un ambiente realmente inclusivo. Discriminazioni o micro-aggressioni sono viste come azioni probabili sul luogo di lavoro, con 2 persone su 3 che si immaginano vittime o testimoni. Considerato poi che 3 studenti su 4 ritengono probabile un evento di discriminazione o di micro-aggressione sul luogo di lavoro, risulta complesso per le aziende attrarre nuovi talenti LGBTQ+.
In questo contesto, l’accelerazione di un cambiamento all’interno delle realtà aziendali è fortemente interconnessa alla diffusione degli Affinity Group aziendali, che permettono alle aziende di completare un percorso complesso verso la piena inclusività e addirittura di trasformare episodi spiacevoli – come discriminazioni o micro-aggressioni - in occasioni di crescita aziendale grazie all’experience sharing. L’Italia, da questo punto di vista, oggi è ancora indietro: 4 lavoratori su 10 non hanno accesso a gruppi di supporto per dimensioni dell’azienda o per mancanza di terreno fertile (es., leadership poco sensibile, ecc.). L’analisi rileva una forte differenza a seconda del settore di riferimento, solo in parte riconducibile alla natura del business, segno di un panorama piuttosto eterogeneo.
Tra le attività più concrete, quando si parla di benefit, il consenso è unanime: emerge un forte allineamento (95% degli intervistati, con una prevalenza nel Nord Italia) riguardo l’applicazione paritaria dei benefit tra le coppie LGBTQ+ e le coppie eterosessuali. Le persone LGBTQ+ solitamente hanno accesso a benefit paritari, anche se troppo spesso tramite richieste ad-hoc (non formalizzato in policy aziendali). Questo è vero ancor di più sulle iniziative a supporto di individui transessuali, dove ancora siamo all’inizio di un percorso.
“Le aziende”, conclude Veratti, “tendono a compiere passi formali e facilmente comunicabili sentendosi di «adempiere ai propri doveri» verso la costituzione di un ambiente più inclusivo, ma spesso ci si ferma a normative e policy con un una portata limitata. L’ingaggio aziendale in eventi esterni o l’affiliazione a network, sono azioni ad alto impatto di comunicazione, ma difficili da tradurre in passi veri per un percorso di inclusività. Alcune aziende hanno avviato un percorso di trasformazione che coinvolge la propria cultura aziendale, partendo dall’offerta di strumenti di supporto e percorsi di formazione. Rimangono difficoltà nell’implementare un welfare realmente paritario, che spesso si concretizza tramite eccezioni individuali invece che con regole puntuali. L’inclusività deve avvenire invece attraverso la gestione dei talenti con politiche di attraction e retention mirate”.
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